Assottigliare l’umano. Giù le mani dal “docile animalino”

Disegno di Alberto Giacometti

 

Oggi inizio con il commentare certe affermazioni di due ‘stimati’ giornalisti a noi contemporanei che mi piegano a considerazioni riguardo a quelle che mi appaiono visioni di una umanità che proprio non riesce ad esprimersi in modo pieno, ma, viceversa, in modo alquanto e pericolosamente ‘assottigliato’.
L’affermazione di cui parlo oggi è quella di Beppe Severgnini, il quale ieri ha scritto un articolo su www.corriere.it., dal titolo Nessuno tolga Montanelli dai suoi Giardini, contro l’ipotesi di rimozione della statua di Montanelli a Milano.
Severgnini ha iniziato con l’elencare una serie di elogi del giornalista toscano. Terminato l’elenco, ha fatto subito riferimento, senza premesse di sorta, alla vicenda a cui evidentemente si deve risalire per capire la richiesta di “espellere” la statua (il termine è suo) dai giardini dove è situata.
“L’accusa risale al 1935. Per valutarla, occorre conoscere il contesto”, inizia col dire. Racconta quindi che Montanelli fu comandante di un battaglione formato da ascari e che l’esperienza fu raccontata da lui in un libro il quale ebbe una buona recensione di Ugo Ojetti (che c’entra? – ci chiediamo – ma tant’è) e finalmente arriva al punto.
Io ora faccio una cosa, vado a cercare sul web il video di una intervista a Montanelli in cui lui stesso, sorridendo, parlò del fatto, e ne trascriverò le parole salienti. Insomma vorrei che esso fosse esaminato attraverso le parole di chi, tra l’altro con ogni evidenza ignaro di doversene almeno vergognare, lo ha vissuto in prima persona.
“Pare che avessi scelto bene, era una bellissima ragazza bilena di dodici anni [sorride, qualcuno in studio ride insieme a lui] … Scusatemi, ma in Africa è un’altra cosa. E così l’avevo regolarmente sposata nel senso che l’avevo comprata dal padre che mi ha accompagnato insieme alle mogli dei miei ascari […] e arrivava anche questa mia moglie con la cesta in testa, dove mi portava la biancheria pulita. [Domanda di una giornalista in studio]. No, signorina, guardi sulla violenza, nessuna violenza perché le ragazze in Abissinia si sposano a dodici anni […].”
Riporto anche le parole che avrebbe pronunciato ancora Montanelli, anni dopo, durante un’altra trasmissione televisiva. Indico la fonte, non avendo visto direttamente alcun video, cioè un articolo pubblicato su Aleteia.org il 16 agosto 2018, la cui autrice, Annalisa Teggi, prima di trascrivere quelle parole, sottolinea – come ho fatto io nel caso del video che ho potuto vedere – che alla domanda il fondatore de “Il Giornale” rispose “con allegria leggera”. Insomma lui avrebbe detto:  “Regolarmente sposata, in quanto regolarmente comprata dal padre. Aveva 12 anni, ma non mi prendere per un bruto, a 12 anni quelle sono già donne. […] Avevo bisogno di una donna a quell’età. Me la comprò il mio sottufficiale insieme a un cavallo e a un fucile, in tutto 500 lire. […] Lei era un animalino docile; ogni 15 giorni mi raggiungeva ovunque fossi insieme alle mogli degli altri”.

Non mi interessa la questione ‘abbattere, non abbattere la statua’ e quindi non ne parlo.
Non mi interessa neanche dare un giudizio morale di Indro Montanelli, come non mi interessa dare un giudizio morale di chicchessia.
E ovviamente non mi interessa neanche analizzare i meriti del giornalista Montanelli. Io avevo la possibilità di leggerlo e non mi trovavo d’accordo con ciò che affermava, oltre a non approvare, ovviamente, la sua partecipazione alla guerra colonialista, fascista e razzista. Ma non mi pare proprio interessante parlare di tutto questo, ora.
Mi interessa invece sviluppare considerazioni su quel “contesto” da “conoscere” per “valutare” “l’accusa” di cui parla Severgnini. Quale contesto? Questa contestualizzazione, questa precisazione non solo non ‘giustifica’ – come il giornalista dell’attuale “Corriere” vorrebbe fare -ma porta di contro a coinvolgere lui stesso che la propone nella pericolosa concezione che stiamo ‘imputando’ a Montanelli.
Ma arrivo al punto nodale. Severgnini specifica che la bambina si sposò ed ebbe tre figli, di cui il primogenito fu chiamato Indro. Ma di che cosa stiamo parlando? Cosa vorrebbe dire questa precisazione? Che la bambina ‘amava’ e/o ‘aveva amato’ Montanelli? E che quindi la cosa che quel soldato ha commesso in fondo non è orribile, come se non fosse orribile l’aver comprato un essere umano, per di più bambino; come se non fosse orribile tentare di assolversi con la scusante che si trattava di ‘usanza’, di ‘tradizione’; come se non fosse orribile aver sposato una bambina; come se non fosse orribile aver ridotto una bambina a fare del sesso? L’ eventuale ‘riconoscenza’, l’eventuale ‘affetto’, l’eventuale ‘amore’, l’eventuale qualsiasi sentimento vicino all’ ‘indulgenza’ da parte della bambina nei confronti di quell’uomo, che cosa c’entrano? Ecco, lo ripeto, lo sottolineo: che cosa c’entrano? Qualsiasi cosa tra queste sia stata (se è stata) non solo non scalfisce di un minimo la gravità di quel comportamento, ma ne definisce ancor meglio l’entità, cioè l’atto dell’approfittarsi dell’altro, dell’approfittarsi di un altro innocente, dell’approfittarsi di un bambino. E non parlo qui solo dell’innocenza che accomuna tutti i bambini (e lo affermo con decisione visto che tale innocenza da alcuni è perfino messa in discussione, con mia ferma indignazione) ma dell’innocenza della bambina che viveva proprio in quel contesto culturale, qualsiasi esso fosse. Non essere in grado di rispettare l’integrità, la dignità dell’essere umano, del bambino, di per sé, è un segno di barbarie che scandalizza. E l’affermazione, del Montanelli che ricorda e che cerca una qualche giustificazione, che quella bambina sembrava una donna – come se una bambina che sembra una donna fosse meno bambina, come se i suoi dodici anni valessero doppio e non fossero sempre, soltanto, dodici anni – è un assottigliarsi della dimensione umana che va riconosciuto, va trattato per ciò che è.
Non sono andata a leggere tra i vari articoli che stanno emergendo nel web se e come Montanelli si fosse pentito. Anche questo non mi interessa affatto. Perché ovviamente non sta qui il punto.  Il punto, se non fosse già chiaro, sta nel fatto che nella preoccupazione tutta moralistica di Severgnini di ‘salvare’ l’uomo Montanelli, si è eliminata la preoccupazione, morale, di tener presente ciò che è, ciò che dovrebbe essere, semplicemente umano.
E’ questa eliminazione ad essere intollerabile.

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