Vita umana primaria

Fotografia di Daniela Gliozzi

 

“Applicando l’’analisi’ dell’infanzia, dobbiamo ammettere che si analizza meglio un’infanzia attraverso i poemi rispetto ai ricordi, attraverso le rêveries piuttosto che i fatti. Ha senso, a mio parere, parlare di un’analisi poetica dell’uomo. Gli psicologi non riescono a comprendere tutto. I poeti dispongono di strumenti che gli psicologi non hanno.
Se meditiamo sul bambino che siamo stati, dopo aver appreso ogni storia di famiglia, dopo aver superato i rimpianti e disperso tutti i miraggi della nostalgia, raggiungiamo un’infanzia anonima, puro focolare di vita, vita umana primaria. E questa vita è in noi, rimane in noi. Il ricordo riapre la porta del sogno, permettendoci di ritrovare l’archetipo, immutabile e immobile sotto la memoria. E quando si è fatto rivivere, attraverso i sogni, il potere archetipico dell’infanzia, tutti i grandi archetipi delle potenze paterne e materne riprendono il loro posto. Padre e madre, immobili e immutabili, fuggono al tempo reale, vivono con noi in un’altra dimensione. E tutto cambia: il fuoco di un tempo è diverso da quello di oggi. Tutto ciò che accoglie l’infanzia ha una qualità originaria. E gli archetipi rimarranno sempre origini di immagini potenti.
L’analisi attraverso gli archetipi, intesi come origine delle immagini poetiche, è caratterizzata da un estrema omogeneità; perché gli archetipi spesso combinano il loro potere. Sotto il loro regno, l’infanzia è senza complessi. Nelle sue rêveries, il bambino realizza l’unità poetica.
Elaborando una psicoanalisi sulla base dei poemi, utilizzandoli come strumento di analisi per valutarne la risonanza a diversi livelli di profondità, riusciremo talvolta a far rivivere rêveries dimenticate. Prendendo in prestito un’immagine non nostra, siamo sollecitati a sognare in profondità. Il poeta ha visto giusto. La sua emozione ci commuove, il suo entusiasmo ci stimola. I ‘padri raccontati’ non hanno niente in comune con nostro padre, ma possiedono la stessa profondità archetipica. La lettura ci consente allora il dialogo con i nostri cari scomparsi.”

 

Gaston Bachelard, La poetica della rêverie, Edizioni Dedalo, p. 131.

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