Assaporare senza assaporare

Fotografia di Daniela Gliozzi

 

“Pensare è rammemorare. Far salire dalla casa dell’interiorità immagini che affiorando si trasformano in linee della conoscenza.
Agostino nel libro decimo delle Confessioni dice della memoria come di un palazzo labirintico e sontuoso e imprevedibile dove una ‘profunda et infinita multiplicitas’ – fluttuante coro di immagini prive di forma – s’affolla e prende figura. Ogni immagine chiede di essere discinta, accolta, nominata. Oppure respinta nell’oblio. Agostino descrive i modi con i quali l’assenza prende parola e gesto e grido, la lontananza si fa racconto e desiderio. E tutto questo al di là della percezione visiva o auditiva. Nel silenzio dei sensi accade il miracolo di un’altra percezione. Un altro vedere e un altro udire si dispiegano in questo teatro dell’interiorità. È il ritorno gioioso di immagini e di voci: ‘quiescente lingua ac silente gutture canto quantum volo’. Cantare senza la voce, distinguere il profumo del giglio da quello della violetta, in assenza del giglio e della violetta. Assaporare senza assaporare. La memoria è l’azione dei sensi nel silenzio dei sensi. Visione che è al di qua e oltre il vedere. Ascolto che è prima e dopo l’ascoltare. La memoria è il corpo che fa esperienza del suo potere di rappresentazione. Del suo patto profondo, destinale, con il linguaggio.
La ricordanza è, della memoria, l’atto che accoglie un’immagine, anzi il movimento del pensiero che riconosce e ospita un’immagine staccatasi dalla lontananza. Leopardi ha dato alla voce ricordanza l’orizzonte di una poetica. Ma anche l’intensità di un’esperienza interiore che coincide con il linguaggio, con il suo ritmo, con la sua forma. Per Leopardi la ricordanza non è tanto il movimento che dal presente va verso il passato, dalla percezione attuale verso il luogo dell’oblio, dalla cosa verso l’immagine perduta, quanto, al contrario, il movimento che sale da un’altra, lontana, fanciullesca, ‘antica’ immagine, portando di quella una parvenza.”


Antonio Prete, Trattato della lontananza, Bollati Boringhieri, 2008, pagg. 78-79.

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