Nulla di essenziale o rude

Fotografia di Giovanni Carbone

 

“Ma nulla di essenziale o rude vi era nell’esperienza che Agnese viveva ogni mattina, quando, dal primo momento in cui usciva in terrazzo, era abbagliata da un immenso mare scintillante.
Era come un coraggio, una cosa selvaggia che riguarda il corpo. Più nulla dietro le spalle, e di fronte, l’inesorabile, quando il sole, da tempo sorto dal mare senza isole, era ormai già abbastanza alto da avervi rovesciato tutta la sua potenza di luce.
E si entrava allora in quella visione come in un senso di fatale silenzio e di pace infinita, perché, anche se l’aria restava immobile, quasi un fremito, un dolce tremolio vibrava dai piccoli o sconfinati sentori di vita, il gridare lontano, gioioso, dei pochi bagnanti appena visibili in mezzo al bagliore; il ronzare di qualche lontanissimo motore di segatrice tra le campagne; la percezione calda di salsedine in una brezza quasi presente; la luce abbacinante sulla chiara e vivida distesa.
Ma restare entro i confini dell’apparizione non era ancora l’armonia della bambina. Bensì un desiderio si allargava all’orizzonte, qualcosa, insomma, che si apriva ed eccitava il calore che rende irresistibile il mare.
Agnese vagava scalza, col solo costume o spesso del tutto nuda, sul cemento tiepido dell’enorme terrazzo, in attesa di scendere in spiaggia. Ed indugiare rideva all’euforia in cui lo spettacolo grandioso si incarna come in un corpo mistico.”

 

Il brano è tratto dal mio racconto Agnese, contenuto nel libro Purezze psichiche, ACG edizioni, 2022.

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