“Sollevasti il lenzuolo”. Da Natalia Ginzburg

                        Natalia e Leone Ginzburg

 

Poesia scritta da Natalia Ginzburg l’8 novembre 1944  (1).

 

                                     Memoria

Gli uomini vanno e vengono per le strade della città.
Comprano libri e giornali, muovono a imprese diverse.
Hanno roseo il viso, le labbra vivide e piene.
Sollevasti il lenzuolo per guardare il suo viso,
ti chinasti a baciarlo con un gesto consueto.
Ma era l’ultima volta. Era il viso consueto,
solo un poco più stanco. E il vestito era quello di sempre.
E le scarpe eran quelle di sempre. E le mani erano quelle
che spezzavano il pane e versavano il vino.
Oggi ancora nel tempo che passa sollevi il lenzuolo
a guardare il suo viso per l’ultima volta.
Se cammini per strada nessuno ti è accanto.
Se hai paura nessuno ti prende per mano.
E non è tua la strada, non è tua la città.
Non è tua la città illuminata. La città illuminata è degli altri,
degli uomini che vanno e vengono, comprando cibi e giornali.
Puoi affacciarti un poco alla quieta finestra
a guardare in silenzio il giardino nel buio.
Allora quando piangevi c’era la sua voce serena.
Allora quando ridevi c’era il suo riso sommesso.
Ma il cancello che a sera s’apriva resterà chiuso per sempre;
e deserta è la tua giovinezza, spento il fuoco, vuota la casa.

8 novembre.      

 

Alla memoria di suo marito Leone Ginzburg, morto nelle carceri di Roma il 5 febbraio 1944, ucciso dalla ferocia della Gestapo, Natalia Ginzburg dedica questa poesia. Natalia Ginzburg, nota nel mondo letterario col nome di Alessandra Tornimparte, riprende il suo vero nome che dovette abbandonare, per ragioni razziali, nel periodo dell’opposizione fascista.

 

(1) La poesia, corredata dalla nota in fondo (che riporto con la grafica originale), di mano della scrittrice stessa, è tratta dal libro N. Ginzburg, Un’assenza, Einaudi, 2016.

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