Forma Urbis

Riporto l’articolo di Arianna di Genova dal titolo Ritratto di Roma antica inciso sul marmo,  apparso il 25 gennaio 2024 su “il manifesto” in occasione di un evento la cui importanza culturale ci ricorda ancora una volta il significato che può avere convivere – a Roma, in Italia, nel mondo – con la ricchezza storica e artistica, quel “camminare sui corpi dei nostri progenitori sepolti sotto i pavimenti” come scrisse Tomaso Montanari (Istruzioni per l’uso del futuro. Il patrimonio culturale e la demofrazia che verrà, minimum fax, 2014). Sto parlando dell’inaugurazione del nuovo museo della Forma Urbis e del Parco archeologico al Celio, a Roma.

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Esiste una Roma «pura», priva delle stratificazioni medievali e poi degli altri secoli, che un grande artista e incisore come Piranesi ha amato e odiato poiché ingaggiò una lotta titanica con quel tracciato antico della città inciso su centocinquanta lastre di marmo da esperti lapicidi che alacremente risposero alla volontà dell’imperatore Settimio Severo (203-211 d. C.). Piranesi voleva ritrovare la Roma archeologica della «matrice», senza approssimazioni né errori.

La pianta della Forma Urbis era stata a lungo collocata su una parete del Tempio della Pace («ristrutturato» proprio sotto Settimio Severo dopo un precedente incendio). Spoliazioni e crolli delle decorazioni marmoree dovute al lavoro dei cavatori medievali per il reimpiego nei rivestimenti dei nuovi monumenti fecero sì che in realtà nel 1562 se ne riscoprisse solo una parte; dei frammenti caduti a terra si salvarono infatti dalla trasformazione in calce le parti subito ricoperte e così finite nel dimenticatoio. Della gigantesca impresa di quella rappresentazione (18 metri per 13) oggi resta solo il dieci per cento del disegno totale.

L’espansione della Roma augustea raffigurata in questa rara testimonianza torna fruibile al pubblico dopo circa cento anni dalla sua ultima apparizione, quando una mostra degli originali era stata allestita tra il 1903 e il 1924 nel giardino del Palazzo dei Conservatori – fino al ’39 qualcosa era ancora visibile nell’Antiquarium al Celio.

La mappa marmorea che racconta la capitale adagiata fra i colli, con i suoi quartieri, la suburra, i porticati, le botteghe e le aree sacre, è la protagonista del Museo a lei intitolato – dentro all’edificio dell’ex Palestra della Gil – e del Parco archeologico del Celio che la circonda, un’area verde che conserva anche il perimetro del tempio del Divo Claudio. È un ampio parco, proprio a côté del Colosseo, dove sono inseriti, come fossero presenze teatrali disseminate, materiali epigrafici e resti di strutture architettoniche, attorno alle quali si può passeggiare in libertà.
Il progetto di valorizzazione è stato condotto sotto la direzione scientifica della Sovrintendenza capitolina all’interno del programma di riqualificazione del Centro archeologico monumentale voluto da Roma Capitale. Presto aprirà anche la Casina dei Salvi, con nuove aule studio e una coffee-house.

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