Plurilinguismo (2)

 

L’immagine riproduce la copertina della prima edizione (1957) di Quer pasticciaccio brutto de via Merulana.

“Un bel ragazzo er signorino Giuliano, dellà: piuttosto fortunato co le donne. Piuttosto. Già. Che lo perseguitavano a sciami,  a volo radente: e gli precipitavano poi addosso tutte insieme, e in picchiata, come tante mosche sur miele. Lui sapeva puranche fare: ci aveva un bìndolo, uno specchietto a rota, un suo modo così naturale e così strano, ar medesimo tempo…  che te le incantava co gnente. Dava a divedere de trascuralle, o di sentirsene magari annoiato: troppe, troppo facili! d’aver sottomano ben altro. Faceva er maschietto tosto, o er tu-mi-stufi, certe volte, o er superbioso; o er signorino de casa de famija scerta der generone de via de li Banchi Vecchi: o l’uomo d’affari, che nun cià tempo de stà a discorre. Siconno. Così. Come je girava. Intonato ar vestito che ciaveva addosso. Come je veniva l’ispirazzione der momento. Siconno si ciaveva sigherette cor bocchino d’oro, o si nun ce l’aveva pe gnente, o si ce l’aveva appena crompe, ma nazzionale che puzzeno. Giocava a fa er cocco. Antre vorte ghiribizzoso come una banderola. Sicché allora le trascurava, ma già! le sore frasche. Era allora propio che loro s’ammattiveno. Si concedeva dopo lungo reluttare o dopo interminato anelare e basire della vittima, strascicandone l’estuoso abbandono o sfibrandone la indocilità renitente mediante una erogazione di pseudo-sintomi (in realtà suggerimenti) alternati a contrasto, a sì e no. M’ama nun m’ama. Te vojo nun te vojo. E comunque alle predestinte e rare,  e con arcana delibera elette, si concedeva: come la salute Eterna in Giansenio. Talora, per contro, in una repentina violenza: e nella totale concussione d’ogni verisimile. Là, propio, dove ognuno aveva voltato altrove l’oroscopio. Zàn! Lasciandosi cadere a piombo alla maniera del nibbio sulla più contumace di tutto il gallinaio: quasi a punirla (o a rimeritarla) con quel fulgurante diavolio: a riscattarla da una debilità recondita nel di lei essere, da una ignominia… anteriore a quella prelazione magnificatrice. In tal caso la gratitudine della magnificata poteva salire alle stelle: e la paura, o fosse magara la speranza, del bis.”

Carlo Emilio Gadda, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, Garzanti, 1990, pag. 54.

 

 

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