Oscurare

Gavino Piana, Penombra, 2018

 

Pubblico l’intervista di Andrea Capocci a Stefania Salmaso Bollettino Covid, l’epidemiologa: «Normalità non significa mancanza di informazioni», apparsa oggi su ilmanifesto.it.

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Professoressa Stefania Salmaso, da epidemiologa come giudica la decisione del ministro Schillaci di non pubblicare i dati sulla pandemia?
Ancora non sappiamo cosa significhi: i dati su base giornaliera non saranno più raccolti oppure non saranno più comunicati? In entrambi i casi, la decisione ci preoccupa. Oltre alle tante tragedie, la pandemia aveva portato anche una novità positiva: la disponibilità tempestiva dei dati sui casi, sui ricoveri e sui decessi. Anche per le vaccinazioni la disponibilità di dati consultabili direttamente dall’anagrafe nazionale è stata una bella novità. Per le altre malattie queste informazioni non sono facili da trovare: spesso servono mesi per sapere, ad esempio, quante persone si sono vaccinate contro l’influenza. Un genitore oggi riceve l’invito a vaccinare il proprio bambino contro molte infezioni. Ma non ha modo di controllare quanti bambini si ammalano di infezioni prevenibili e che rischio si corre. Non è un grande sforzo: il sistema di notifica nazionale esiste ed è già informatizzato.

Perché nascondere informazioni che vengono comunque raccolte?
A quanto pare, leggere i dati quotidiani ricorda lo stato di emergenza all’opinione pubblica e questo ostacolerebbe il ritorno alla normalità. Ma se la normalità è la mancanza di informazione, allora la normalità è un problema ed è meglio non tornarci. Questa era un’occasione per innalzare gli standard di trasparenza: cioè, per aggiungere alla digitalizzazione anche la pubblicità dei dati in modo tempestivo. Finché abbiamo avuto i dati a disposizione, ci è parso di avere il polso della situazione, almeno per la pandemia di Covid.

Perché non è sufficiente avere dati settimanali?
Avere i dati su base giornaliera consente di compiere analisi che su base settimanale non si possono fare. Ad esempio, la nostra Associazione Italiana di Epidemiologia, e in particolare il gruppo di ricerca guidato da Cesare Cislaghi, ha messo a punto un indice di replicazione del numero di casi di Covid più tempestivo di quello misurato settimanalmente dall’Iss sui soli sintomatici e senza bollettino quotidiano non si può calcolare. Si può immaginare di non comunicare questi dati giornalmente attraverso i media; ma perché non lasciarli a disposizione di tutti? Ma il problema non riguarda tanto gli esperti, che un modo per ottenere i dati magari lo troveranno. La questione investe tutta la cittadinanza.

Perché riguarda anche i non esperti?
Quando si chiede ai cittadini di adottare comportamenti di prevenzione, è bene che sia garantita la massima trasparenza. E oggi vale ancora di più: in questa fase ci sono pochi provvedimenti calati dall’alto e si punta soprattutto sulla consapevolezza individuale. Perciò la disponibilità delle informazioni diventa cruciale. Avere i dati non serve a fare statistiche. È utile soprattutto per prendere decisioni tempestive e identificare gli spazi di miglioramento. Con una malattia a diffusione rapida come il Covid-19, abbiamo imparato che spesso bisogna cambiare strategia nel giro di pochi giorni.

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