La “nascita” di un bambino…

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Riporto un articolo di Adriano Sofri uscito su “la Repubblica” il 9 maggio 2015

Il viaggio di Abu nel trolley fucsia per conquistare una nuova vita

NON è una vera valigia, è più piccola, è un trolley, col manico e le ruote, ed è anche color fucsia. Mettiamo che. Per cominciare, mettiamo che siate un agente della Guardia civil, addetto al controllo degli ingressi alla frontiera del Tarajal, fra il Marocco e l’enclave spagnola di Ceuta. Ne avete viste tante. Pur di passare di qua, i migranti si fanno acrobati e contorsionisti. Nei bagagliai delle auto, è il meno, o sotto il fondale dei camion, nei pacchi di cartone da riciclare, sotto la cenere degli inceneritori. È successo che si siano sistemati dentro il cofano del motore: come hanno fatto? Va’ a capire: l’hanno fatto. Però questa non vi era mai successa. Uno che non vuol dare nell’occhio sceglie un trolley color fucsia? Magari proprio per quello… Fatto sta che Fatima, la ragazza, dava nell’occhio, era nervosa, come chi ha qualcosa da nascondere. Da nascondere c’è “la roba”, naturalmente. Allora voi avete passato il trolley allo scanner, e avete visto qualcosa di impensabile. E però era anche qualcosa di già visto, tante volte, tanto più se allo scanner ci fosse una Guardia civil donna. Più che una radiografia, era un’ecografia, l’ecografia di un nascituro, le ginocchia rannicchiate contro il corpo, la testa grossa piegata in avanti, quel colore scorticato rossastro e quasi trasparente. Il ricettacolo no, niente a che vedere con un grembo materno: un traliccio rettangolare, con due manici che sporgono in cima. A riguardarlo sui doppi schermi, così inclinato, sembra il fotogramma di un extraterrestre che fa l’altalena, fra poco scenderà e chiederà di telefonare a casa.

Mettiamo che siate quello dentro il trolley, 8 anni ancora da compiere, venite dalla Costa d’Avorio — Costa de Marfil, si dice in spagnolo: un marfileño. Già: ma come sei arrivato fin qui dalla Costa d’Avorio? Ti ha portato tuo padre, forse, dal Mali, dalla Mauritania, dal Sahara… O per mare? Hai anche un paio di escoriazioni sul ginocchio. La ragazza con la valigia, quella nervosa, marocchina, 19 anni, contrabbandiera di un solo bambino, ha preso dei soldi, e chissà se l’ha fatto solo per soldi. Ti ha messo attorno due o tre stracci colorati, rosso, azzurro: male che andasse, ha pensato, se aprivano il trolley, avresti trattenuto il respiro e l’avresti fatta franca. Potevi restarci soffocato, hanno detto poi. Però la Croce Rossa ha dichiarato di averti trovato in forma, spavento a parte. L’hanno aperta davvero la valigia, e tu sei rimasto davvero immobile per un po’, e loro forse hanno avuto paura che fossi morto — che fossi nato morto, per così dire. Poi però bisognava muoversi, e sei sbucato dal tuo grembo, cauto, allarmato, come uno che viene alla luce ma non sa che cosa l’aspetta. È il modo in cui tutti nascono, ma a otto anni fa più paura. Ti hanno trattato bene: le polizie sono piene di tenerezza quando si trovano in braccio cuccioli venuti allo sbaraglio, lasciati in un cassonetto, partoriti su un barcone — Francesca Marina, la chiamano, e le fanno più feste che a Charlotte d’Inghilterra — o ripiegati come un pigiama dentro un trolley color fucsia. Le polizie hanno questo di bello, che possono pensare qualunque cosa della cosiddetta Questione dell’Immigrazione, ma poi si trovano davanti un bambino o una bambina e fanno tutti la stessa cosa, senza pensarci su un momento, perché quella bambina, quel bambino, non è la Questione, è il prossimo loro. (Le persone che si lasciano sequestrare dalla Questione sono sfortunate, e per lo più farebbero la stessa cosa, se fossero marinai o pescatori o sindache di Lampedusa — o papi, i papi la sanno a memoria quella del prossimo). Ora il film della tua rinascita, in Europa! per un pelo!, ti seguirà per tutta la vita, con quella premura doverosa e insieme grottesca, di coprirti gli occhi con una fascia nera, perché in Europa si protegge la privatezza di un bambino. Ti chiami Abu, o Adu — a seconda delle cronache. Una specie di beniamino della fortuna, da ora in poi: un trolley non è esattamente come il canestro di Mosé salvato dalle acque, ma le signore della Guardia civil e della Croce rossa valgono la figlia del faraone. «Españolito que vienes al mundo, te guarde Dios», come augura il poeta (e aggiunge che ci sono due Spagne, e una ti gelerà il corazon).

«Un’emigrazione così grottesca ancora non l’avevamo immaginata», ha detto il portavoce della Guardia civil. Mettiamo che siate Alfonso Cruzado, il portavoce della Guardia civil. «Era morto di paura. Era stupefatto, più che altro. Abbiamo cercato di calmarlo, di togliergli di dosso la paura, che si sentisse al sicuro». Dunque deplorate il padre — 42 anni, ivoriano — deplorate la ragazza marocchina, ma poi vi dite che chissà come sarebbe finita con quel marmocchio, e chissà come andrà d’ora in poi, e forse c’è una ragione misteriosa in quell’ingresso nella buia altalena, ci sono delle creature che vanno lì lì per finir male, o sembrano disgraziate e inadeguate, e un giorno o l’altro giocano una partita come Messi l’altroieri.

Il padre è stato arrestato, la ragazza marocchina pure: traffico di essere umano, una vita a repentaglio… Mettiamo che siate il padre, avete 42 anni, siete regolarmente residente alle Canarie, avevate fatto una regolare richiesta per il ricongiungimento famigliare, vi era stata respinta. Avete affidato il piccolo a una ragazza: lei avrebbe dato meno nell’occhio, e poi quale controllore si insospettirebbe di un trolley fucsia? Avete detto alla polizia che non sapevate come la ragazza l’avrebbe contrabbandato: a occhio e croce, questo non è affatto bello. E sarebbe anche meno bello se fosse vero. Chi noleggia una portatrice per suo figlio senza chiedere, o chiedersi, come farà? Infatti la giudice non vi ha creduto. E c’è una madre del bambino? Le cronache non sono ancora chiare, qualcuna dice che lo stava aspettando. Se è così, lo starà aspettando ancora. Mettiamo che siate sua madre, allora.

Mettiamo che voi siate Abu, o Adu: è gentile, questa gente della Croce Rossa. Ora sei “a disposizione della Fiscalía de Menores”. Però speriamo che ti ridiano a tuo padre, e vi lascino andare insieme a Las Palmas, Gran Canaria, di cui ti ha raccontato tanto. Forse non è vero che avresti potuto soffocare, dentro quella valigia: forse non se ne sono accorti, ma c’era una fessura. Avevate fatto le prove. Era un gioco: si giocava a nascondersi e a passare la frontiera, in un bel giorno di primavera.

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