La città di Baudelaire

Maurice Utrillo, La Maison de Mimi Pinson à Montmartre, c.  1948, olio si tavola

 

Paesaggio

Voglio, per comporre castamente le mie egloghe,
coricarmi presso il cielo, come gli astrologi,
e, vicino ai campanili, ascoltare sognando
i loro inni solenni rapiti dal vento.
Col mento tra le mani, dall’alto della mia soffitta,
vedrò l’opificio che canta e che chiacchiera;
i fumaioli, i campanili, queste antenne della città,
i grandi cieli che fan fantasticare d’eternità.

È dolce, attraverso le nebbie, veder nascere
la stella nell’azzurro, la lampada alla finestra,
i fiumi di carbone salire al firmamento
e la luna versare il suo pallido incantesimo.
Vedrò le primavere, le estati, gli autunni;
e quando verrà l’inverno dalle nevi monotone
chiuderò dappertutto usci e imposte
per erigere nella notte i miei fiabeschi palazzi.
Allora sognerò orizzonti bluastri,
giardini, getti d’acqua piangenti tra gli alabastri,
baci, uccelli che cantano sera e mattina,
e tutto ciò che l’Idillio ha di più infantile.
La Sommossa, tempestando vanamente ai miei vetri,
non farà alzare la mia fronte dal leggío:
poiché sarò immerso nella voluttà
d’evocare la Primavera con la mia volontà,
di trarre un sole dal mio cuore e di fare
dei miei pensieri ardenti una tepida atmosfera.

C. Baudelaire, I fiori del male, Dall’Oglio, 1984, pag. 129. Traduzione di Clemente Fusero.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *