Grazie, Armando

Armando è un ascoltatore qualunque, uno di quelli che intervengono nello spazio a loro dedicato il mattino su radio 3. La scia in cui si è inserito può essere quella della notizia della morte di Adil Belakhdim, il sindacalista di origine egiziana di trentasette anni, morto durante una manifestazione contro lo sfruttamento dei lavoratori del facchinaggio (lavoratori, tra l’altro, spesso di origine straniera), pare perché schiacciato da un camionista che tentava di forzare il presidio. Belakhdim, come ormai quasi tutti sanno, ha lasciato due figli di quattro e sei anni.
Il signor Armando ieri ha parlato così, e a me è venuto il desiderio di ringraziarlo.

“Sono Armando e chiamo dalla provincia di Torino, vicino a Ivrea. Senta, quello che succede e che ci scandalizza e fa versare lacrime di coccodrillo, ha radici abbastanza lontane, da quando abbiamo cominciato a pensare che altri esseri umani possono stare vicino a noi ma con meno diritti, e possono vivere avendo paura di incontrare un poliziotto perché non hanno il permesso di soggiorno, però troviamo comodo che possano lavorare nelle nostre case sottopagati; da quando abbiamo accettato che i loro figli possano andare a scuola con i nostri, e non è vero che hanno gli stessi diritti dei nostri, perché il bambino, il ragazzo con cittadinanza italiana è cittadino europeo, un ragazzo che non ha la cittadinanza italiana, ha la cittadinanza del papà e della mamma e non è cittadino europeo e non ha una serie di diritti, e se il padre, i genitori perdono il diritto a stare in questo Paese, e sono “espellibili”, segue il destino dei genitori; cioè noi da anni abbiamo accettato che ci sono prima i diritti nostri, italiani, e poi quelli di altri. Questi sono i frutti. Io riconosco a Radio 3 di lavorare molto sull’abbattere le barriere verso l’altro, ma rendiamoci conto che l’origine di queste cose è in quella accettazione, l’accettare che altre persone abbiano meno diritti di me. Buona giornata e scusi l’emozione.”

 

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