Mal di mare

Piero Guccione, La nave e l’ombra del mare. Olio su tela, 1978

 

Mal di mare è un breve scritto (bellissimo) di Erri De Luca, apparso l’8 giugno scorso su fondazionerrideluca.com.

Da un’ estate all’altra torno a nuotare nel Mediterraneo. Butto braccia all’indietro, vado a dorso, con la faccia all’aria. Spingo con i piedi e mi allontano.
Torno a sciacquarmi la lingua, i denti, le gengive con un sorso. Lo tiro su col naso per sentire il suo odore fino in gola.
Non è lo stesso mare, non è più se stesso. Non è il mare dei naufragi di Giona, Ulisse, Enea, Paolo di Tarso, Shelley. Avvisava con segni i naviganti che intendevano il messaggio e cercavano riparo.
Ora è mare di annegamenti senza le tempeste. Non può avvertire con nuvole, con volo di gabbiani. Ora passano navi accanto agli affondati e proseguono indifferenti il viaggio. Mai s’era vista prima tale spavalderia nella vigliaccheria.
Ora la pirateria di costa della Libia batte bandiera di guardia costiera, rastrella fuggitivi per ricondurli alla schiavitù, alla catena della compravendita.
Paul Valéry scrisse una lunga poesia: ”Il cimitero marino”. Un verso così vede: ”Dorme fedele il mare sopra le mie tombe”. Era il 1920, novantanove anni fa. Vedeva un altro mare, con i nomi segnati sulle lapidi. Ora è fossa comune, il suo fondale sparso di annegati dappertutto.
Decenni dopo Valéry, Neruda scrisse: ”A volte vedo solo bare a vela/ salpare con pallidi defunti”. Il passaggio da barche a bare fu avvistato per tempo.
Ora un ragazzo scrive sulla maglietta il nome di sua madre perché qualcuno possa riferirle che non è mai arrivato.
Oggi i corpi di giovani vite senza bagaglio e nome si disfano in un plancton generale, viaggiando nella catena alimentare. Diventano coralli, alghe, meduse.
Oggi un battello che si accosta a soccorrere chi ha già metà del corpo sotto la superficie è manifestazione di miracolo, guizzo di Zorro che scippa dal patibolo il condannato a morte. Un governo, il più becero finora, scrive con l’inchiostro della bile un ordine che li confina al largo.
Toccherebbe a un poeta, cent’anni dopo Valéry, descrivere il mare di adesso, calmo e disteso come un sudario.
Nuoto a dorso, galleggio faccia in su, col privilegio di avere alla portata delle braccia la costa di partenza. Mai avuto mal di mare. Per quello che provo adesso non ci sono le pillole.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *